Avendo precedentemente parlato del bambino italiano e del bambino americano, non mi resta che parlare del bambino italo-americano, ovvero il mio.
Sembra accertato che il bambino italo-americano rappresenti in se' il peggio dei due mondi.
Apprezza che tu cucini per lui, ma insiste per aiutarti. Ha iniziativa e immaginazione, ma non pulisce dopo il misfatto. E' tanto temerario da arrampicarsi da solo sul tetto della biblioteca comunale, ma non abbastanza da riuscire a scendere da solo senza l'aiuto dei pompieri. E' intraprendente da mettere su un banchetto per la vendita di limonata fatta in casa, ma la limonata glie la devi fare tu perche' ha pensato a tutto tranne che ai limoni.
Mangia sia a pasto che fuori pasto. Gusta il gelato da seduto e l'insalata da impiedi. Mangia l'hamburger con coltello e forchetta e la zuppa con le mani.
Ipotizziamo che questo bambino sia in realta' una bambina. Una creatura mitologica simile alla Chimera, custode di due eredita' genetiche non sempre compatibili:
da un lato "i pionieri", dall'altro "i genovesi".
Da un lato la pulsione al superamento dei limiti, dall'altro la tendenza alla cautela (maniman......).
Da un lato si vuole arrampicare sull'albero per toccare il cielo con un dito, dall' altro sa che sua madre sta per tirare fuori il rosario.
Da un lato e' incoraggiata a fare cose da sola ( " perche' non ti prepari la colazione?"), dall'altro e' minacciata di morte ( " se rovesci il latte ti ammazzo!").
Questa dicotomia deve essere risolta prima che intervengano i servizi sociali.
Soprattutto perche' suddetta bambina non e' figlia unica, ma la prima di una lunga serie.
Quattro in tutto: tutte bambine, tutte ibride.
Ho provato a domarle. Ho sbagliato, avrei dovuto assecondarle.
E cosi' mi e' venuto in mente un piano diabolico; gli obbiettivi riassumibili nei seguenti punti:
#1 promuovere indipendenza e allungare il raggio del cordone ombelicale;
#2 acuire lo spirito di squadra ( uno per tutti, tutti per uno, tutti contro di me);
#3 sviluppare il senso dell'orientamento nelle fanciulle;
#4 diventare, io stessa, meno peon e piu' pioniera;
#5 avere qualche ora di solitudine, se non di pace.
Ed ecco nascere quella che d'ora in poi chiameremo col nome di
OPERAZIONE HANSEL E GRETEL.
Il postulato e' semplice:
" Prendete un gruppo di ragazzine tra gli otto e i tredici annni. Ragazzine che normalmente vanno in giro all'interno di una campana di vetro e sotto scorta papale.
Bendatele.
Depositatele in un posto qualsiasi, sebben remoto, della citta'.
Date loro cinque dollari a testa ( per fare la cosa piu' interessante potete fornirle di valuta straniera, o di soldi del Monopoli) e una mappa (la mappa non deve necessariamente essere quella del luogo, potrebbe essere quella di una qualsiasi capitale europea).
Togliete le bende dai loro occhi e annunciate che hanno il tempo massimo di quattro ore per trovare la via di casa da sole. Sgommate prima che le bimbe chiudano le falangi e facciano obbiezioni."
Detto fatto, domenica scorsa le mie figlie, da me rapite sono state rilasciate davanti allo Zoo di San Francisco. Quindi e' stato loro chiesto, no, mi correggo, imposto, di trovare la via del ritorno senza di me.
Loro ce l'avrebbero fatta, io meno.
Naturalmente le avevo sottovalutate.
Non solo allo scoccare delle quattro ore hanno fatto ritorno all'ovile. Hanno altresi' fatto in modo di:
pranzare nel loro ristorante preferito; pilotarsi in centro ( dalla parte opposta della citta') attraverso un complicato sistema di trasporto pubblico; visitare la mecca del maquillage, farsi truccare da professionisti e farsi riempire di campioncini omaggio.
Adesso chiedono di ripetere "Operazione Hansel e Gretel" ogni domenica.
Ma io ho gia' in mente la fase numero due dell'operazione.................vediamo come se la cavano nel parco nazionale di Yosemite.
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