POLLO IN LATTINA
Questa ricetta, oltre ad essere semplicissima, e' anche di grande effetto.
Tanto fumo (metaforicamente parlando) e anche tanto arrosto (nonostante si tratti di pollo).
Prendete un pollo ruspante. Uno dei miei vicini i polli ce li ha in giardino. A San Francisco si possono allevare a domicilio fino a quattro pennuti.
Avere l'ovetto fresco la mattina e' l'ultimo grido. Questo vicino mi decanta la qualita' delle sue uova con la stessa dovizia di dettagli di un'imbonitore di asta di Sotheby's. Se chiudo gli occhi mentre lo ascolto, posso immaginare che mi stia parlando di un uovo di Faberge'.
Ecco cosa vorrei fare a questo vicino: intrufolarmi all'alba nel suo giardino, rubargli tutte le uova, farle sode e poi rimetterle nella stia (sotto il piumaggio della gallina Faberge').
Zingarate a parte, dove eravamo rimasti?
Prendete un pollo (a questo punto anche di gomma) e ripulitene la cavita'.
Adesso prendete una lattina di birra (la marca che preferite), apritela e bevetene meta'(e' previsto dalla ricetta, non discutete).
Sedete il pollo sulla lattina (mezza vuota o mezza piena che sia) nel centro della teglia.
Il pollo sara' in grado di stare eretto senza sostegno (voi, meno).
Prima |
Spennellate d'olio e di una tritatura di salvia, timo, aglio e rosmarino (quasi fosse una tela del Caravaggio).
Riempite la teglia con verdure di stagione:
patate, carote ma anche peperoni o finocchi a fettine.
Salate e pepate in quantita' (ricordate che la differenza tra un ristorante a quattro stelle e uno a cinque stelle e' il sale!).
Mettete in forno gia' riscaldato ad una temperatura di 170 gradi per un'ora e mezza.
Questo pollo da leccarsi i baffi non sara' mai asciutto ma sempre sugoso (anche se probabilmente un po' alticcio).
Dopo |
Sta sull'attenti che e' una bellezza.
Per pranzi particolarmente formali lo si puo' portare in tavola con un cravattino.
Un favorito di grandi e piccini.
Provate e fatemi sapere!
Dedicato a Claragambadilegno.
Il tuo pollo fa davvero venire la pelle d'oca!
ReplyDeletePer ringraziarti e contraccambiare ti racconto la mia ricetta di polpette di maiale e gamberi in buridda di seppie.
È una ricetta scovata in un romanzo di Montalbàn la cui preparazione dura un pomeriggio intero e consente di sperimentare ogni virtù del cuoco. Per affrontarla occorrono un buon pretesto, forte autostima, e una platea che messa a tavola non si vergogni di diventare adorante.
La preparazione comincia al mercato dove occorre scegliere i migliori gamberi, le seppioline più ruffiane, i bocconcini di maiale più teneri e tutta una serie di altri ingredienti tra cui non devono mancare pomodori maturi, nocciole, mandorle e pinoli.
Occorre sgusciare i gamberetti uno a uno, separando la corazza dalla polpa. Già qui c’è un check point: se ti viene voglia di assaggiare il gamberetto così com’è, nudo e un po’ sushi, vuol dire che sei partito col passo giusto.
Il nido di gamberi ottenuto si frulla e poi si amalgama alla polpa di maiale macinata. Tutto va assieme ad aglio, prezzemolo, pane ammorbidito nel vino bianco secco, uova, sale e pepe. Del pastone ottenuto si fanno polpette che si infarinano. Sembrano sempre un po’ troppo molli ma non occorre aggiungere nulla: al momento giusto si inturgidiranno nell’olio bollente.
A questo punto il cronometro segna la prima ora di lavoro.
Occorre prendere una bella padella dove far sfrigolare nell’olio le teste dei gamberi schiacciandole con una forchetta perché il cervello (o qualunque cosa i gamberi abbiano nella testa) lo insaporisca per bene. Le teste ormai croccanti si tolgono e finiscono a bollire nell’acqua per ottenere un eccellente fondo di cottura.
Nell’olio rimasto si friggono le polpette poche alla volta e si mettono su un foglio di carta assorbente. Qui l’assaggio nasce spontaneo e la delizia di quello che si ha in bocca fa dubitare che continuando nella preparazione la qualità del risultato possa ancora migliorare.
Si prende di nuovo il vino bianco, se ne versa un bicchiere scarso e lo si beve brindando a se stessi e alla faccia di chi ci vuole male. Poi, sempre nello stesso olio, si friggono le seppie tagliate a listarelle. Si scolano e si mettono da parte.
A questo punto, se non hai sbagliato nulla, in cucina apparirà una distesa di semilavorati in fremente attesa. È il momento in cui il cammino segna il passo sospeso prima della discesa.
Si dovrebbe essere circa alla seconda ora e se fin qui si è usato come sottofondo un disco di Caetano Veloso potrebbe essere il momento di sostituirlo con qualcosa di più animato.
Non hai tritato la cipolla? Fallo! Mettila poi a soffriggere col pomodoro, sempre nello stesso olio. Quando il soffritto diventa soffice si devono aggiungere le seppie, un po’ di brodo di teste di gambero, un trito di prezzemolo, aglio, pane tostato, nocciole, mandorle e pinoli, il tutto bagnato da un altro bicchiere di vino bianco.
Qui, di solito, la tensione cala un po’.
Si ha qualche attimo a disposizione, ottimo per chiedersi se l’efficacia di un piatto non sia legata alla sua semplicità. La risposta non è scontata: si può cucinare per tantissime ragioni e l’arrivare subito a nutrirsi è solo una delle tante, senz’altro la meno seducente.
Ma questi pensieri non possono durare più di una decina di minuti perché le seppie staranno sicuramente traballando nel sugo che ribolle. È il momento di aggiungere le polpette e lasciare cuocere ancora per un po’. Servire caldo.
Il risultato va oltre le capacità descrittive concesse dalla lingua scritta. Ti invito a osservare bene gli ospiti perché l’emozione della polpetta in bocca si avvicina all’estasi divina. Posso assicurare che se questo schermo fosse in Odorama lo avresti già leccato sino a far sbiadire ogni pixel.
Facciamo cosi', io provo a fare le polpette se tu mi fai il pollo in lattina. I tuoi figli, una volta provato, non vorrano mangiare nessun'altro pollo!
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